“È legittimo il licenziamento del dipendente che copia su una pen drive personale, senza autorizzazione del datore di lavoro, alcuni dati aziendali riservati, anche se queste informazioni non vengono divulgate a terzi”.
E’ questo l’orientamento interpretativo della Cassazione che, con la sentenza 25147/2017, stabilisce alcuni importanti principi in tema di sicurezza dei dati aziendali.
La vicenda ha tratto origine dal licenziamento di un dipendente che ha trasferito su una pen drive di sua proprietà un numero elevato di dati aziendali.
Nonostante il dipendente abbia contestato la legittimità del licenziamento sostenendo di essersi limitato a copiare i dati senza diffonderli ed evidenziando che i file in questione non erano protetti da password e coperti da specifici vincoli di riservatezza, la Cassazione ha rigettato il ricorso evidenziando che la condotta del dipendente fosse da ricondurre all’ipotesi della grave infrazione alla disciplina o alla diligenza del lavoro e stabilendo il principio per cui “la violazione dei doveri contrattuali si verifica anche quando una certa condotta, pur non producendo un danno concreto, ha una intrinseca potenzialità lesiva degli interessi del datore di lavoro”.
La sentenza ha inoltre chiarito l’irrilevanza, ai fini della valutazione disciplinare, della circostanza che i dati sottratti fossero protetti oppure no da specifiche password; secondo la Corte infatti, “il fatto che l’accesso ai dati sia libero non autorizza un dipendente ad appropriarsene per finalità proprie, né consente di farli uscire dalla sfera di controllo del datore di lavoro”.
In buona sostanza, con la citata sentenza, la Cassazione fissa due importanti principi:
- il primo stabilisce che il dipendente che copia dei file e dei documenti aziendali, allo scopo di farli uscire dalla “sfera di controllo” dell’impresa, commette sempre un illecito, anche se la copiatura non è seguita dalla diffusione a terzi;
- il secondo è che non è necessario che un documento sia coperto da specifiche misure di sicurezza (una password o classificato come “riservato”) per essere applicabile il divieto di duplicazione a scopo personale.
Fonte il Sole 24 Ore