Lo smart working, definito in normativa “lavoro agile”, è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa introdotta dalla l. 81/2017. L’introduzione del “lavoro agile” è finalizzata a favorire una articolazione flessibile del lavoro, con l’obiettivo di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, incrementando la competitività.
L’attivazione del “lavoro agile” non cambia le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato al quale si applica. La diversa modalità di effettuare la prestazione lavorativa prevede che, entro i limiti di durata massima degli orari di lavoro giornaliero e settimanale (come previsti dalla legislazione e dalla contrattazione collettiva), l’attività sia svolta in parte all’esterno della realtà datoriale (senza cioè una postazione fissa). Ai sensi degli artt. 18 e ss. L. 81/2017 le modalità di esecuzione della prestazione devono essere definite nell’ambito di un accordo scritto intercorrente tra le parti che deve contenere:
- la modalità esecuzione della prestazione al di fuori dei locali aziendali,
- le modalità e i limiti dell’esercizio del potere direttivo datoriale,
- gli strumenti da utilizzare e il loro lecito utilizzo,
- l’individuazione dei tempi di riposo,
- le misure tecniche e organizzative necessarie ad assicurare al lavoratore la “disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche” utilizzate erogare la prestazione lavorativa.
L’accordo può essere a termine oppure a tempo indeterminato, in tale secondo caso il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni [1]. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato. Tale facoltà è quindi garantita a entrambe le parti ed è inderogabile. In caso di esercizio di detta facoltà deve essere garantito il ripristino delle ordinarie modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Insita nel lavoro agile è la possibilità per il lavoratore di autogestire e distribuire anche in modo irregolare la propria prestazione lavorativa da resa da casa (o altro luogo individuato). Ciò non esclude che il lavoratore debba rispettare (e il datore di lavoro debba far rispettare, attraverso apposite misure di verifica) i limiti massimi di orario giornaliero e settimanale previsti dalla legge e dai contratti collettivi.
Con riferimento alle normative di compliance, in particolare alla normativa in materia di protezione dei dati personali e a quella relativa all’igiene e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, il datore di lavoro rimane responsabile sia della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici che sono assegnati al lavoratore per svolgimento dell’attività lavorativa, sia della salubrità dell’ambiente di lavoro. Il riferimento alla sicurezza degli strumenti tecnologici richiede che – ove necessario – si amplino le previsioni delle procedure aziendali. Per quanto invece alla tematica di igiene e sicurezza, il datore di lavoro deve consegnare – almeno una volta l’anno – una informativa scritta che individui i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione, indicando le misure di prevenzione predisposte che il lavoratore è tenuto a osservare [2].
L’attivazione del lavoro agile deve di regola essere preceduta da una comunicazione amministrativa da effettuare tramite l’utilizzo di un’apposita sezione del portale del Ministero del Lavoro “ClickLavoro” accessibile previa registrazione dell’utente; analogamente, devono essere trasmesse in via telematica le eventuali modifiche e cessazioni dell’efficacia del patto di lavoro agile.
Al fine di mantenere l’operatività aziendale, prevenire contagi in azienda e limitare la mobilità delle persone, il Governo, con il decreto c.d. Cura Italia (D.L. 17.3.2020, n. 18), ha raccomandato alle aziende il “massimo utilizzo” del lavoro agile per tutte quelle attività che possono tecnicamente essere svolte fuori dai locali aziendali, con sospensione dell’attività di tutti quei reparti aziendali “non indispensabili” per la continuazione da produzione di beni o servizi. Gli interventi del Governo, nell’ambito dei dpcm tesi a individuare le misure di contrasto all’emergenza sanitaria, hanno consentito al datore di lavoro di attivare la modalità “lavoro agile” con un iter semplificato limitatamente al periodo di 6 mesi a far data dal 31 gennaio 2020 (ovvero per tutta la durata dello stato di emergenza). Salvo proroghe, i benefici dell’attuale semplificazione cesseranno il 31 luglio 2020, così come la possibilità di continuare a svolgere “lavoro agile” derogando ad alcune delle previsioni della l. 81/2017.
La semplificazione prevista dagli atti del Governo riguarda alcuni aspetti procedurali inerenti all’attivazione della modalità “lavoro agile”:
- viene meno l’obbligo di stipulare l’accordo individuale per l’adesione alla modalità di lavoro agile;
- gli obblighi di informativa relativi a tematiche correlate alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro potranno essere assolti in via telematica semplificata (anche via email) inviando l’informativa disponibile sul sito dell’INAIL;
- è sufficiente fornire al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali una semplice autocertificazione indicando tutti i lavoratori per cui sia stato attivata la modalità di “lavoro agile”.
Il “lavoro agile” è quindi unilateralmente disposto dal datore di lavoro mediante una comunicazione inviata anche a mezzo email, preceduta dalla comunicazione al Ministero e accompagnata dalla trasmissione dell’informativa reperibile sul sito dell’INAIL.
Fatte salve però le dette semplificazioni “formali”, il datore di lavoro dovrà ugualmente – e senza eccezione alcuna – rispettare e garantire tutte le ulteriori disposizioni di cui alla legge 81/2017, ad esempio su: orario di lavoro da rispettare, strumenti aziendali da usare, diritto alla disconnessione, etc.. Alcune tematiche devono essere quindi particolarmente attenzionate nell’ambito della presente fase emergenziale.
Va considerato, infatti, che le semplificazioni sono state introdotte (e raccomandate) al fine di tutelare la salute dei dipendenti e della collettività (ex art. 1 c. 1 n. 7, punto a) DPCM 11.3.2020). In tale ottica il Datore di lavoro dovrà tenere a mente che nel caso di contagi da COVID-19, avvenuti in occasione dello svolgimento delle prestazioni lavorative che potevano essere effettuate con le modalità del lavoro agile, questi potrebbero essere attribuiti a colpa e responsabilità esclusiva dell’imprenditore (al riguardo si ricorda che l’art. 2087 c.c. sancisce il generale obbligo del datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore).
In questi casi al Datore di lavoro spetta la probatio diabolica, ovvero la prova di aver adottato tutte le misure di cui al Protocollo siglato da Governo, associazioni imprenditoriali e sigle sindacali in data 14 marzo 2020, altrimenti il contagio del lavoratore verrà considerato come conseguenza dell’esposizione dello stesso dipendente ad un rischio specifico, o generico aggravato, rispetto a quello del contesto sociale in cui vive.Specifica attenzione va anzitutto posta alla tematica della disciplina dell’uso degli strumenti lavorativi e del controllo datoriale. La definizione di questi aspetti, che in applicazione della modalità di “lavoro agile” è prevista nell’ambito dell’accordo con il lavoratore e in osservanza delle disposizioni normativa ad essa applicabili – a partire dalla l. 300/70 –, non è in alcun modo derogata dalla situazione emergenziale e dalle semplificazioni. Sebbene quindi le modifiche degli ultimi anni allo Statuto del Lavoratori consentano, entro certi limiti, di non far rientrare nella definizione di “strumento dal quale derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” i dispositivi atti a rendere la prestazione lavorativa, il datore di lavoro deve applicarsi affinché non vi sia ambito per insorgenza di problematiche connesse al possibile controllo a distanza.
Un richiamo doveroso va quindi fatto con riferimento agli strumenti di “lavoro agile” che l’azienda sceglierà o ha scelto di adottare. Tenendo conto della fase emergenziale e del fatto che molte realtà non hanno precedentemente svolto attente analisi su regole e soluzioni di lavoro a distanza, la raccomandazione è sicuramente quella di evitare l’implementazione di soluzioni informatiche che possano ingenerare circostanze che travalichino gli ambiti di liceità previsti dallo Statuto dei lavoratori configurandosi quali strumenti dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Laddove tale circostanza si configuri resta doveroso il raggiungimento di un accordo sindacale o, in assenza di compagine sindacale, l’ottenimento di una autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente.
Altro aspetto, non secondario e nemmeno derogato, è l’onere derivante al datore di lavoro di garantire, come previsto dal Regolamento UE 2016/679, che i dati personali oggetto di trattamento da parte di dipendenti e collaboratori siano protetti con misure di sicurezza idonee a garantire un livello adeguato al rischio. A tale riguardo lo sviluppo e la diffusione di device portatili, servizi mobile e cloud, piattaforme di management, software di condivisione, consente una facile e relativamente economica connettività ai sistemi aziendali (anche in situazioni emergenziali), ma tutto questo amplia i rischi per la sicurezza delle informazioni aziendali.
È quindi necessario che il datore di lavoro, nella sua veste di titolare del trattamento (o di responsabile del trattamento laddove processi dati personali per conto di propri clienti), oltre a fornire idonea informativa ai propri dipendenti (comprensiva delle istruzioni sull’utilizzo dei dispositivi e i controlli che ai sensi dell’art 4 L. 300/1970 il datore di lavoro potrà svolgere a distanza), provveda a valutare con attenzione le soluzioni di “lavoro agile” in uso e responsabilizzi i propri autorizzati al trattamento, formandoli e istruendoli sui comportamenti virtuosi che sono da loro attesi.
La sintetica disamina di alcune potenziali criticità della modalità di “lavoro agile” qui riportata deve portare a un comportamento virtuoso del datore di lavoro che nell’immediato:
- verifichi la sicurezza degli strumenti e delle soluzioni e le regole del loro utilizzo;
- prenda in considerazione gli aspetti contrattuali e le eventuali clausole di trasferimento dati extra UE correlate a tali strumenti (si pensi alle soluzioni di videoconferenza, di condivisione di file, di lavoro condiviso);
- disponga regole specifiche per la situazione emergenziale finalizzate ad assicurare la tutela dei dati personali acceduti dai lavoratori presso le loro abitazioni e magari al di fuori dei sistemi informatici aziendali;
- appresti la fase di “smantellamento” delle soluzioni emergenziali per la chiusura di questa prima fase, assicurando che non restino fuori dal suo controllo dati personali di cui ha la responsabilità come titolare del trattamento o responsabile del trattamento;
- programmi, se del caso e in vista di future esigenze che potrebbero presentarsi, una fase di attivazione del “lavoro agile” secondo tutti i requisiti della vigente normativa e utilizzando strumenti che siano idonei in tal senso.
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[1] Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni.
[2] Durante le prestazioni di lavoro agile i lavoratori beneficiano dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro, che copre anche i c.d. infortuni in itinere.