Con il provvedimento n. 200 del 7 novembre 2019, il Garante per la protezione dei dati personali si è espresso in merito alla richiesta, ex art. 5 co. 7 del d.lgs. 33/2013, del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Università degli Studi di Firenze, derivante, nella specie, da una domanda di riesame riguardante il diniego verso un’istanza di accesso civico agli elaborati scritti e ai curricula vitae dei candidati partecipanti ad un concorso pubblico, nonché ai verbali di correzione degli elaborati.
Sul punto, l’Autorità ha osservato come i contenuti generalmente inseriti nel curriculum vitae sono molteplici e la relativa ostensione può consentire l’accesso, a seconda di come è redatto il cv, a numerosi dati e informazioni di carattere personale.
Infatti, a norma dell’art 5 bis co. 2 del d.gs. 33/2013, il diritto di accesso civico subisce una deroga rispetto a quanto affermato all’art. 5 co. 1 del d.lgs. 33/2013, nel quale si prevede, in capo alla Pubblica Amministrazione, l’obbligo di pubblicazione di documenti, informazioni o dati e il diritto, per chiunque, di richiedere gli stessi nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.
L’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs 33/2013 è dunque da rifiutare, secondo l’Authority, se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi privati previsti dall’art. 5-bis, comma 2 lett. a) del d.lgs. 33/2013 (cfr. la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico).
Posto ciò, il Garante ha confermato, in virtù della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, il rifiuto espresso dall’amministrazione pubblica nell’accesso civico ai documenti richiesti. Tale posizione, peraltro, si pone in continuità rispetto a quanto dichiarato nei precedenti orientamenti in materia di accesso civico agli elaborati scritti dei candidati ad un concorso pubblico e/o a curricula vitae presentati dai candidati.
Infine e per completezza della materia, l’Autorità ha precisato che il diniego espresso nell’accesso civico agli atti pubblici non implica il divieto di richiedere l’accesso alla predetta documentazione per motivi diversi da quelli già oggetto di richiesta di ostensione avanzata in passato, laddove si dimostri l’esistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l´accesso”, ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990.