La Corte di Cassazione ha confermato la posizione dell’Autorità Garante in tema di divieto di recupero del consenso per finalità commerciali.
La sentenza in esame nasce dal ricorso presentato da un noto operatore telefonico che era stato oggetto di un provvedimento sanzionatorio da parte del Garante in quanto aveva sollecitato telefonicamente i propri clienti a fornire nuovamente un consenso per finalità di marketing nonostante avessero espresso in una fase iniziale il loro dissenso a tali attività.
Così, secondo la Suprema Corte, una comunicazione telefonica volta ad ottenere – nuovamente – un consenso per fini di marketing è da ritenersi alla stregua di una comunicazione commerciale e, pertanto, richiede il preventivo consenso dell’interessato. Gli ermellini hanno statuito altresì che la finalità della chiamata telefonica per recuperare un consenso privacy sia tale a prescindere dal fatto che con la stessa telefonata si effettui o meno anche una vendita di beni o servizi.
Per contro, il ricorrente aveva sostenuto che l’attività denominata “recupero consenso” non dovesse essere intesa quale comunicazione commerciale o promozionale così come disciplinata dalla normativa vigente all’epoca dei fatti.
Ciononostante, conclude la Cassazione, la finalità di contattare telefonicamente un utente al fine di provocare un ripensamento sul ricevere comunicazioni commerciali non rispetta la volontà degli interessati che avevano, in un momento precedente, non acconsentito a tale tipo di comunicazione. Così come già indicato dai giudici del merito, spetta agli interessati in autonomia decidere se mutare tale volontà, ad esempio contattando direttamente il call center dell’operatore e richiedere di ricevere comunicazioni commerciali.