Di questi giorni è la pubblicazione delle nuove Linee Guida di Confindustria sulla costruzione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. 231/2001.
Le nuove Linee Guida – si legge nell’introduzione del documento – propongono «di offrire alle imprese che abbiano scelto di adottare un modello di organizzazione e gestione una serie di indicazioni e misure, essenzialmente tratte dalla pratica aziendale, ritenute in astratto idonee a rispondere alle esigenze delineate dal decreto 231».
Le nuove Linee Guida «mirano a orientare le imprese nella realizzazione dei modelli, non essendo proponibile la costruzione di casistiche decontestualizzate da applicare direttamente alle singole realtà operative. Pertanto, fermo restando il ruolo chiave delle Linee Guida sul piano della idoneità astratta del modello che sia conforme ad esse, il giudizio circa la concreta implementazione ed efficace attuazione del modello stesso nella quotidiana attività dell’impresa è rimesso alla libera valutazione del giudice. Questi compie un giudizio sulla conformità e adeguatezza del modello rispetto allo scopo di prevenzione dei reati da esso perseguito».
L’auspicio che ha sospinto il lavoro di revisione delle Linee Guida – si conclude – «è che le soluzioni indicate nelle Linee Guida continuino a ispirare le imprese nella costruzione del proprio modello e che, d’altra parte, la giurisprudenza valorizzi i costi e gli sforzi organizzativi sostenuti dalle imprese per allinearsi alle prescrizioni del decreto 231».
Le indicazioni fornite richiedono, dunque, un successivo adeguamento da parte delle società, al fine di renderlo serio, efficace ed effettivo, così come richiesto dal Legislatore. Il rischio reato di ogni società, infatti, è strettamente dipendente dal settore economico, dalla complessità organizzativa, dell’impresa e dell’area geografica in cui essa opera.
La nuova versione adegua il precedente testo del 2014 alle novità legislative, giurisprudenziali e della prassi nel frattempo intervenute, mantenendo la distinzione tra le Parte Generale e Parte Speciale.
In particolare, nella Parte Generale è stata effettuata un’analisi degli istituti fondamentali della disciplina ex D. Lgs. 231/2001 e delle componenti necessarie di un modello organizzativo ed è stato posto l’accento sull’adozione di un approccio integrato nella gestione dei rischi, con uno specifico approfondimento in materia di compliance fiscale.
Nella Parte Speciale, si sono approfonditi i presidi e i protocolli che si suggerisce alle imprese di implementare all’interno della propria organizzazione per prevenire la commissione delle singole fattispecie di reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. Inoltre è stato fatto un elenco delle nuove ipotesi di reato presupposto, partendo dagli ecoreati alle nuove fattispecie contro la Pubblica Amministrazione, fino agli illeciti penali di frode nelle pubbliche forniture e di contrabbando.
Infine, si segnala che è stata data anche una definizione del ruolo dell’Organismo di vigilanza e messo in evidenza come il sistema di gestione del whistleblowing rappresenta una parte del più ampio modello organizzativo di cui l’Organismo di vigilanza è tenuto a monitorare il funzionamento.
L’OdV può essere indicato come destinatario autonomo e indipendente delle segnalazioni; oppure se non individuato come destinatario esclusivo (preferendo il responsabile compliance o un comitato misto con rappresentanti delle Risorse umane, internal audit, ufficio legale), esso deve, comunque, essere coinvolto in via concorrente oppure successiva, per evitare il rischio che il flusso di informazioni generato dal meccanismo di whistleblowing sfugga del tutto al suo monitoraggio.