Il Regolamento in materia di Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) (insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici, riguardanti l’assistito, riferiti a prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dalle strutture sanitarie private) di cui al DPCM n. 178/2015 all’art. 6 prevede espressamente che tali dati e documenti sanitari e socio-sanitari, tra cui quelli a tutela delle donne che si sottopongono a un’interruzione volontaria di gravidanza, sono resi visibili solo previo esplicito consenso dell’assistito, ed è responsabilità dei professionisti o degli operatori sanitari che erogano la prestazione acquisire l’esplicito consenso dello stesso.
All’art. 8 prevede, altresì, il diritto dell’assistito di richiedere l’oscuramento dei dati e documenti sanitari e socio-sanitari sia prima dell’alimentazione del FSE che successivamente, garantendone la consultabilità esclusivamente all’assistito e ai titolari che li hanno generati riconoscendo, pertanto, la possibilità di esercitare tale diritto in qualsiasi momento.
Ed è stato proprio il mancato rispetto della richiesta di oscuramento effettuata da pazienti di due diverse strutture sanitarie (Azienda Usl della Romagna e Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento) che ha portato il Garante a comminare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 83 del Regolamento, rispettivamente nella misura di 120.000 e 150.000 Euro.
Il caso della Usl della Romagna, in particolare, ha riguardato la vicenda di una paziente ricoverata per interruzione farmacologica volontaria della gravidanza. L’interessata aveva esplicitamente richiesto che non venisse resa visibile al proprio medico di medicina generale la notifica relativa al suddetto ricovero mediante la compilazione di un modulo dedicato. Informazione che veniva correttamente raccolta dall’operatore sanitario il quale trasmetteva il predetto modulo all’Ufficio competente per la relativa valorizzazione all’interno del sistema Sole che, attraverso la raccolta dei documenti sanitari personali degli assistiti, genera il FSE regionale.
Dall’istruttoria è emerso che la trasmissione del dato al medico di medicina generale sarebbe stato causata da un evento accidentale dovuto a un bug nel programma del citato software, non avendo lo stesso recepito la selezione del flag che di fatto comporta l’oscuramento del documento richiesto e la relativa trasmissione a quest’ultimo. Dall’istruttoria è emerso, altresì, che la comunicazione dei dati relativi alla salute aveva riguardato anche altri 48 interessati in un arco temporale che va dall’aprile 2018 all’agosto 2019.
Il Garante all’esito della suddetta istruttoria ha chiarito che le informazioni relative allo stato di salute in ambito sanitario possono essere comunicate a terzi solo in presenza di idoneo presupposto giuridico o previo consenso dell’interessato. In tal caso, pertanto, ha ritenuto l’illiceità del trattamento per violazione degli artt. 5, par. 2, lett. a), e 9 del Regolamento, nonché dell’art. 75 del Codice, non essendo stata rispettata la volontà dell’assistita di non trasmettere il dato, e di conseguenza l’applicabilità della sanzione nei termini predetti.
Analogamente è avvenuto presso l’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento ove un’interessata aveva inviato una comunicazione rappresentando che il suo medico di medicina generale era venuto a conoscenza dell’interruzione di gravidanza della stessa nonostante avesse negato il consenso a tale trasmissione.
Dall’interrogazione del sistema era emerso che l’errore aveva, altresì, riguardato la messa a disposizione ai medici di medicina generale anche di ulteriori documenti sanitari (di cui parte relativi a dati di soggetti a maggior tutela dell’anonimato) riferiti ad altri interessati (di cui anche minorenni), sebbene gli stessi avessero esercitato il diritto di oscuramento nei confronti dei citati documenti.
Anche in questo caso l’Azienda ha dichiarato che la suddetta condivisione era stata dovuta da un errore informatico, avendo il sistema del FSE recepito il consenso generale precedentemente espresso dagli interessati alla relativa condivisione non tenendo conto della richiesta di oscuramento espressa dagli stessi e correttamente assegnata dagli operatori sanitari a quei documenti nella rispettiva valorizzazione.
Nell’erogazione della sanzione il Garante anche in questo caso ha sostanzialmente ribadito i principi espressi per l’Azienda della Romagna, ritenendo l’illiceità del trattamento posto in essere non avendo alcun presupposto giuridico e in contrasto con una esplicita richiesta di oscuramento avanzata dall’interessata.
In conclusione, dunque, il Garante ha ribadito la centralità dell’espressione del consenso da parte dell’interessato al trattamento dei dati relativi alla salute sia nel momento in cui vengono generati i referti che successivamente alla loro creazione.