
L’accordo raggiunto tra Anthropic — startup americana finanziata da Amazon e Alphabet — e un gruppo di autori statunitensi ha catalizzato l’attenzione sul rapporto critico tra intelligenza artificiale e tutela della proprietà intellettuale. Più che un semplice contenzioso sul copyright, la vicenda solleva questioni centrali per chi sviluppa, integra o utilizza soluzioni AI: dalla liceità dei dataset alla governance dei modelli, fino alle ricadute normative e reputazionali.
Il contenzioso: origini e implicazioni
Nel 2024, gli autori Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson hanno avviato una class action contro Anthropic, sostenendo che oltre 7 milioni di opere protette erano state utilizzate senza autorizzazione nei dataset di Claude, prelevate da “shadow libraries” come LibGen e Z‑Library. Il giudice William Alsup ha dunque riconosciuto che, sebbene il fair use si applichi a contenuti acquisiti legalmente, non si estende all’uso di materiale pirata. Di fronte alla prospettiva di risarcimenti potenzialmente superiori al trilione di dollari, l’azienda ha optato per una transazione, formalmente prevista nei mesi successivi, che prevede un indennizzo per gli autori e offre uno schema operativo di gestione dei rischi per il settore.
Fair use e responsabilità: il nodo della provenienza dei dati
Il principio del fair use, previsto dalla normativa statunitense, consente l’utilizzo limitato di opere protette in determinate circostanze, tra cui finalità educative, critiche o di ricerca. Tuttavia, nel contesto dell’addestramento di modelli AI, l’applicazione concreta di questa eccezione è tutt’altro che definita.
Nel caso Anthropic, il tema non è stato solo l’utilizzo dei contenuti, ma la legittimità della fonte. La presenza di dataset pirata pone interrogativi non solo sul fronte giuridico, ma anche sotto il profilo della tracciabilità e della compliance dei flussi informativi, elementi oggi sempre più centrali nella governance dell’intelligenza artificiale.
Europa e Stati Uniti: due approcci regolatori a confronto
L’approccio europeo, attraverso leggi come l’AI Act e il Digital Services Act, è più vincolante: richiede trasparenza, tracciabilità e tutela dei titolari dei diritti, definendo standard chiari per l’uso di contenuti protetti.
Di fronte alla proliferazione di accordi extragiudiziali come quello di Anthropic, si profila il rischio che dataset non autorizzati diventino accettati sul mercato, generando vantaggi competitivi sleali.
L’Europa, pur dotata di normative robuste, corre il rischio di restare in una posizione marginale se l’industria globale continuerà a seguire logiche divergenti
Uso trasformativo e protezione del diritto d’autore
Una delle questioni più dibattute è la valutazione dell’uso trasformativo: un contenuto protetto può essere riutilizzato se l’opera derivata è sufficientemente originale da non costituire una riproduzione sostanziale.
Non basta infatti che l’IA si limiti a incorporare i contenuti per addestrarsi; è necessario valutare se gli output prodotti violino o meno i diritti originali, generando potenziali danni economici e morali agli autori. La giurisprudenza, anche in casi recenti come Kadrey vs. Meta, tende a richiedere prove concrete di somiglianza sostanziale tra opere originali e output dell’IA per configurare un abuso.
Compliance AI: una priorità strategica per il business
Il caso Anthropic ha messo in luce i rischi tangibili per le imprese che impiegano modelli di intelligenza artificiale privi di una governance adeguata dei dati. Tra i principali pericoli:
- Rischi legali, con richieste risarcitorie potenzialmente miliardarie per violazione del copyright;
- Rischi reputazionali, con impatti negativi sulla fiducia di utenti, clienti e investitori;
- Rischi normativi, soprattutto in contesti come l’UE, dove le regole sono sempre più stringenti.
In questo scenario, la compliance AI non può essere gestita in modo occasionale. Serve un approccio strutturato e proattivo:
- Due diligence dei dataset: verifica della provenienza dei dati e della presenza di licenze valide;
- Audit periodici: controlli regolari su modelli, flussi informativi e aderenza normativa;
- Governance integrata: coinvolgimento trasversale di legali, IT, DPO, compliance e R&D;
- Tracciabilità documentale: mantenimento di evidenze che attestino la legalità delle fonti utilizzate.
Conclusione: verso un’AI responsabile e sostenibile
Il caso Anthropic, insieme ai procedimenti in corso contro OpenAI, Meta e altre realtà, evidenzia l’urgenza di un approccio rigoroso alla compliance nell’intelligenza artificiale. In assenza di un quadro giuridico uniforme sul fair use, saranno le imprese a definire l’equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti.
Integrare la compliance nei processi di sviluppo non è solo un obbligo normativo, ma un fattore strategico per garantire modelli AI affidabili, legittimi e competitivi. Governance, tracciabilità e responsabilità devono diventare i pilastri di un ecosistema AI sostenibile, dove tecnologia e diritto convivono in armonia.